Il pendolo
- E quello sarebbe il tuo
fidanzato?Pare un ammasso di ferraglia
tatuata.
Un groviglio metallico di pearcing.Un
selvaggio! -
- Hai sempre da ridire papà!Quel ‘’coso’’ si
chiama Piero.-
- Piero? Credevo Cita!-
- Sì, lo ammetto, ero un papà geloso! Mia figlia Kai era tutto ciò che
avevo. Il mio lavoro ci aveva allontanati
e non poco. Quando aveva dieci anni le parlavo con la stessa
premura di oggi,che ne ha ventuno. Mi
ero perso tante cose di lei. Troppe. Ero a disagio.
- Papà,ci sei mancato. Ricordo quando ti mettevo le braccia al
collo per la gioia di rivederti. Tu, però, eri sempre troppo stanco. Adesso
piombi nella mia vita … Che pretendi?
- Raggelai. Le parole di Kai erano spade nel petto. Colpo su colpo.
Verità su verità. Scardinò ogni mia certezza. Il mio cuore come un pendolo:
oscillava tra sensi di colpa e rimorsi. Forse meritavo la sua rabbia. Litigammo
furiosamente.
Le diedi una sberla. Il volante
ruotò di scatto. Suono di lamiere straziate, fischio di pneumatici in
frenata. Sull’asfalto strisce di grasso
nero e scintille. Il muso della nostra
berlina grigia si sollevò. Sospesa tra cielo e terra. Planava sotto i
miei occhi increduli. La marmitta emanava fumo nero. Nero come le mie colpe.
Rotolammo giù per la scarpata. Gli occhi di Kai piantati nei miei. Paura,
sgomento. L’auto fu trattenuta da un albero,l’unico. In bilico. Kai svenne per
l’urto violento. Giaceva inerte sul sedile accanto. Le accarezzai i capelli.
Nel suo volto innocente vidi
riflesso me stesso e il suo perdono.
Avrei voluto dirle tante cose. In fondo il nome Piero mi piaceva. Un cigolio.
L’albero stava cedendo. O me o lei. Non esitai. Aprii lo sportello e la spinsi forte fuori dell’abitacolo. Poi
fui risucchiato nel baratro, con la sua collana tra le dita e il suo cuore
nel mio.
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