Memorial Miriam Sermoneta

Memorial Miriam Sermoneta

mercoledì 24 aprile 2013

Stefania Colasanti - Menzione d'onore sezione racconti -





Orme

Una folla incredibile sosta senza riparo sul piccolo marciapiede della fermata del tram.
Seguo la goccia di sudore che dalla fronte scende impazzita fino a cadere sull’asfalto bollente e noto una numerosa sfilza di calchi di scarpe, buchi per lo più ma anche delle enormi impronte. Alzo gli occhi di nuovo e cerco di identificare i proprietari di ognuno di quei stampi, accoppiando ogni calco ad un personaggio. E’ disumana l’afa e altrettanto l’odore acre dello smog. Alle tredici di un giorno feriale di luglio, dodici persone stanno rischiando la fusione con l’asfalto.
“ Cazzo sto tram, ma quanto ci mette?” Ed è grazie allo sguardo divertito di un uomo che capisco di aver dato voce al mio pensiero.
Ricambio lo sguardo e il rossore del viso ,causa sole esagerato, si fa più visibile e aumenta la mia temperatura. Il Tizio da Inizio ad uno slalom molto lento tra i futuri passeggeri, tram permettendo, fino ad arrivare ad un passo da me. Faccio la sostenuta e vago con lo sguardo tra le finestre chiuse dei palazzi ubicati a destra, a sinistra, di fronte e dietro di me ma osservo ogni sua mossa. Ha un abbigliamento divertente, una maglietta bianca a maniche lunghe rigirate fin sopra i suoi bei bicipiti ed una salopette di jeans molto comoda, forse due taglie in più rispetto alla sua. Capelli lunghi tenuti da un elastico , coda di cavallo perfetta, neri come la pece e lucidi come la seta, alto circa 1,85 e per me che sono appena 1,60 , appare immenso, come immensa è la sua bellezza.
Intanto il tram non passa.
Cerco di ricordare la respirazione imparata durante i corsi yoga per frenare il convulso battito del cuore e mentre inspiro ed espiro arriva come una folata di gelido vento :
“ mi chiamo Raimundo e tu?” “ chi, io?” cerco di pronunciare il mio nome ma resto ad osservare i suoi occhi verdi poi, finalmente, sussurro “mi chiamo Amina”
“ti posso offrire qualcosa di fresco oppure devi scappare via?” e come potrei scappare se non passa il tram? Magari potessi, l’imbarazzo mi sovraffolla la mente!
Ed è così che ha inizio questa storia.
Finalmente un poco di refrigerio, questo bar ha una sala con l’aria condizionata e comodi divani. Mi chiedo perché non sono mai entrata qui visto che da circa dieci mesi scendo a questa fermata e a questa fermata risalgo sul tram che non passa mai. “ Raimundo, non ti ho mai visto a questa fermata, sei solo di passaggio?” - sorride- “Veramente io abito in quel palazzo che fa angolo con via Prenestina e raramente esco a quest’ora ma stasera non lavoro e ho deciso di approfittarne per fare compere al centro, tu invece?”
“ oggi è giorno di chiusura, ho un piccolo ristorante, e anch’io ne approfitto per andare a comprarmi dei vestiti ma forse con questo caldo era meglio rimanere a casa, sdraiati sul divano e godere dell’aria mossa dal ventilatore” ; quanto chiacchiero e invece dovrei aspettare le sue domande “ ma Raimundo non è un nome italiano vero?” “ no Amina, sono brasiliano. Tra una settimana fanno sette anni che vivo a Roma e a parte qualche piccolo attimo di nostalgia, ormai la sento mia. Pensa, sono stato sei volte ai Musei Vaticani e conosco bene tutte le strade e i vicoli del centro. Il tuo nome, Amina, è forse di origine araba?” “ si ma non ci sono familiarità’”. Si continua a parlare e si finisce per fare compere insieme . Lui si racconta mentre io lo annuso e muoio dalla voglia di chiedergli perché mi ha avvicinata ma arriva sera così quel tempo ciclopico alla fermata del tram, si è trasformato in un piccolo ma intenso atto.
Ora so di lui che lavora di notte ma non so quale sia il suo lavoro. So che nel suo paese svolgeva la professione di commercialista.
E so che è maledettamente affascinante e che nonostante io sia sposata, spero in un secondo incontro.
Lui di me cosa sa? Poco e niente a parte che ho questo ristorante aperto fino alle 4 di mattina per chi ha voglia di cenare anche dopo teatro e per chi ha voglia di vivere la notte. Non gli ho detto che sono sposata ma ha notato la fede che per difesa ai miei sporchi pensieri esibivo in continuazione, gesticolando come una pazza all’occorrenza.
Tutta la sera e tutta la notte con il ventilatore a smuovere l’aria calda, i pensieri si concentravano su Raimundo e sulla mia immensa stupidità di non aver approfittato della situazione. Bello e intrigante, attratto da me, per forza, e cosa mi rimane? Un pomeriggio passato con un vecchio amico appena conosciuto!
E’ passata una settimana e nonostante ,per puro caso, io cerchi di prendere il tram che non passa, non vedo orme delle sue scarpe su questo marciapiede.
Devo continuare a lavorare e stasera ho molte prenotazioni, devo spegnere questo canale chiamato Raimundo e concentrarmi sui clienti ma per farlo mi occorre un bicchiere di vino rosso molto corposo.
Finalmente tutto sembra essere tornato al suo posto e i miei clienti consumano la cena servita a lume di candela con camerieri riservati che si aggirano tra i tavoli con gesti quasi impercettibili. L’unica sala è al completo tranne un tavolo prenotato per due da un famoso cliente Milanese che per due giorni della settimana riserva il solito tavolo ma mai … mai è la stessa signora ad accompagnarlo.
Guardo l’ora e mi tranquillizzo, mancano cinque minuti alle ventidue, ora della prenotazione e ne approfitto per vedere se in cucina tutto procedere per il meglio;
riesco a scambiare solo due parole con lo chef ed ecco che vengo chiamata per accogliere l’ultimo cliente.
Una Stretta di mano un sorriso un come va ed ecco la presentazione : “ Mia cara Amina, le presento la mia amica speciale, Marcella”.
Una venere, no, una Dea!
Lunghi capelli neri fermati sulla nuca da uno splendido fermaglio-gioiello, ombretto color verde smeraldo intenso che accendevano i suoi occhi quasi a farli sembrare giade preziose e il vestito … che invidia! Le disegnava con maestranza ogni curva rendendola perfetta ma.. qualcosa in lei, qualcosa … mi era famigliare. Dietro il bancone del bar mentre preparo due cocktail, mi domando se ho già visto Marcella o se è solo una sensazione immotivata.
Porgo il bicchiere al mio cliente che mi elogia per il servizio elegante e rapido poi, con molta attenzione , offro il bicchiere alla sua bellissima ospite che, nell’afferrare l’aperitivo, mi sfiora la mano e mi fissa per un tempo ciclopico, come quello trascorso sul marciapiede della fermata del tram, quello che non passa mai e poi, un piccolo atto … immenso!
Alla fermata Non c’è sudore, non c’è’ afa, non c’è caldo, non c’è Raimundo. Ma una Venere o forse .. una Dea?

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