Il richiamo delle campane
Stasera
rompono l’aria i rintocchi lontani,
vibrano cristalli di tramonto
nel cielo che scolora
le fiamme dei gerani.
Gli echi dei vespri
intrecciano cesti d’agonia
con le corde del vento,
folle di lamenti appesi
a secoli di parole
che nessuno più ascolta.
L’uomo è a mani alzate
quando i giorni bui
piovono dai cieli spenti
senza più mare né approdo,
senza i grovigli delle ipotesi
che oltrepassano soglie d’ambizioni.
La storia ne abbraccia i desideri
li imbastisce con fili d’abitudine
e i pensieri rotolano con gli sterpi
come un insolito becchime
tra le fessure del piazzale deserto
dove scrive, infine,
geografie di memoria.
Stasera il sorriso
non riconosce i codici del sole;
nel silenzio consumato delle foglie,
la luce e l’ombra
sono labbri dilatati di ferite
d’un albatro caduto
nella cripta più fonda e inaccessibile.
Tenue, solenne e romantico
l’avvicinarsi solitario
del richiamo dei bronzi
che vince la paura,
e fa vedere l'altro in sé
in un mondo di figli unici.
Restano ancora in tasca
pugni di giornate da spendere
e tele di cieli quieti,
che nessuno dipinge mai.
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